Migliorare le relazioni con la psicoterapia

neonato che stringe il dito del genitore
Foto di Wayne Evans da Pexels

«L’attaccamento originario svolge la funzione di prototipo della sicurezza interiore per l’intera vita della persona, di un bisogno che persiste nel tempo, di una base sicura dalla quale la persona parte per vivere con fiducia la vita in modo autonomo»

(Erving Polster, “Psicoterapia del quotidiano”)1

Il primo incontro

La bidirezionalità della prime relazioni consentono al bambino lo sviluppo di un senso di sicurezza e di fiducia in sé, nonché un rafforzamento della relazione tra lui e l’adulto.
Se l’adulto sarà responsivo e competente, il bambino si sentirà parte della famiglia, anche nei momenti più critici del suo ciclo di vita. Si instaura così un circolo virtuoso in cui il bambino accrescerà la sua autostima e la capacità di gestione delle situazioni in cui dovrà confrontarsi. Se qualcosa non funziona in questo primo prezioso scambio relazionale, il bambino potrà mettere in atto comportamenti che possono aiutarlo a difendersi, anche se in modo disfunzionale per la sua crescita e il suo benessere futuro. L’indisponibilità dell’adulto di riferimento, da cui il bambino dipende per la sua protezione e sopravvivenza, creerà nel bambino una vulnerabilità verso la paura della perdita dell’altro.

Questo primo scambio relazionale e la conseguente sicurezza (o insicurezza) interiore che il bambino sviluppa sono connessi alla futura capacità di autorealizzazione.
La capacità di affrontare gli eventi in momenti critici o di cambiamento, dipenderà proprio dal senso di sé che si è potuto sviluppare in questa fase della vita.

Il senso di sé e l’autostima si formano e si costruiscono in funzione di tale relazione primaria. La sicurezza interiore e il senso di autostima richiedono la capacità di integrare due bisogni:

  • il bisogno di autorealizzazione (essere se stessi);
  • il bisogno di appartenere.

Teoria dell’attaccamento

La teoria dell’attaccamento sostiene che il bambino costruisce delle rappresentazioni di sé e della figura di attaccamento chiamate Modelli Operativi Interni (MOI).
I MOI contengono la rappresentazione di sé e del caregiver nelle relazioni di attaccamento, organizzano pensieri e ricordi e guidano i comportamenti futuri di attaccamento. Le esperienze di attaccamento nell’infanzia influenzano lo stile di personalità e di relazione nell’età adulta, regolano l’adattamento all’ambiente e alle persone.
I MOI filtrano l’informazione in entrata, l’elaborazione delle informazioni in uscita, innescando processi di attenzione selettiva, percezione selettiva, memoria selettiva, questo in modo inconsapevole per l’individuo. Possiamo collocare i MOI nel livello cognitivo-verbale, il livello che ci connette con il mondo attraverso la cognizione, ovvero il nostro modo di pensare, le nostre idee, il nostro linguaggio, la nostra cultura.

Si può affermare che un attaccamento sicuro predispone a relazioni stabili e gratificanti, ciò è dovuto alla fondamentale funzione di rendere l’individuo capace di appoggiarsi al Sé per evocare l’altro in un periodo di assenza, per colmare il vuoto prima della riunione o prima che l’attaccamento si ristabilisca. In modelli di attaccamento precoce insicuro tutto questo non avviene ma si può intervenire perché possano essere riorganizzati.

Trattamento psicoterapeutico

Questo è ciò che accade nella psicoterapia: nel rapporto con il terapeuta il paziente ha l’occasione di ricevere una risposta alle sue esigenze di attaccamento diverse da quella ricevute prima dai genitori e poi da eventuali partner affettivi.
Nella relazione psicoterapeutica, l’individuo può cambiare le proprie aspettative sull’ambiente e sugli altri, quindi cambiano i suoi MOI.

Il terapeuta si pone come base sicura, offre disponibilità emotiva, empatia e sostegno, conforta, aiuta a regolare le emozioni, e questo fa sì che il paziente possa dipendere e poi andare verso l’autonomia.

5 pensieri su “Migliorare le relazioni con la psicoterapia

    • La relazione con il terapeuta spesso rispecchia in parte le modalità di relazione che abbiamo nella vita, se abitualmente funzioniamo in modo dipendente questo accadrà anche in terapia; anche perché è compito del terapeuta far vivere in modo potetto attraverso il transfert anche le modalità non corrette del paziente..con lo scopo di aiutarlo e accompagnarlo nella consapevolezza e nella motivazione al cambiamento. Se quest’ ultima fase si verifica la dipendenza potrà trasformarsi in reciproca riconoscenza e nella libertà di camminare da soli.

      "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...