
«L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura, ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quando l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe anche allora più nobile di ciò che lo uccide, perché egli sa di morire e il vantaggio che l’universo ha su di lui. L’universo non ne sa nulla».
Blaise Pascal
La fragilità oggi è l’ immagine di una esperienza inutile e antiquata, immatura e malata, inconsistente e destituita di senso, estranea allo spirito del tempo, e invece nella fragilità si adombrano valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza e di dignità, di comunione con il destino di sofferenza di chi sta male. Sono fragili, e si possono rompere, non solo quelle che sono le nostre emozioni e le nostre ragioni di vita, le nostre speranze e le nostre inquietudini, le nostre tristezze e i nostri slanci del cuore, ma anche le nostre parole che non sempre sanno consolare, e ridare speranza al dolore.
“Non crediate che colui, che tenta di confortarvi, viva senza fatica in mezzo alle parole semplici e calme, che qualche volta vi fanno bene… Fosse altrimenti, egli non avrebbe potuto trovare queste parole”.
Rainer Maria Rilke
Senza sofferenza non c’è conoscenza, la consapevolezza delle nostre fragilità può aprirci verso nuovi modi di vedere e sentire che ci permettono di affrontare la vita senza armature.
La nostra verità è come un germoglio nel cemento.