Educazione affettiva

In letteratura è sempre più consolidato il presupposto che un percorso armonico e completo di maturazione affettiva necessita dello sviluppo di una consapevolezza del proprio mondo emotivo. La capacità di riflettere sugli stati mentali propri e altrui sono pre-condizioni essenziali per regolare e modulare l’esperienza emotiva, sia in situazioni personali che relazionali. La possibilità di entrare in sintonia con la mente dell’altro appare fondamentale per la maturazione di processi cerebrali mediatori della capacità di regolazione affettiva, dello sviluppo di competenze sociali, della funzione riflessiva e dei processi maturativi.

Le esperienze emotive sono, infatti, all’origine di stati soggettivi complessi e costituiscono il nucleo centrale delle nostre vite mentali e delle nostre relazioni con gli altri. Ciascuna emozione rappresenta  un’esperienza soggettiva nella quale si attivano processi di attribuzione di significati e processi di interazione con l’ambiente.

Educare alla socialità e all’affettività permette di fornire strumenti cognitivi, emotivi, linguistici e metalinguistici, abilità sociali e relazionali con cui significare, armonizzare e co-costruire un mondo di eventi e momenti emotivi che si susseguono nella persona e nei suoi rapporti con gli altri. Permette, così, di far acquisire ai ragazzi consapevolezza delle emozioni proprie e altrui, nonché di scoprire e valorizzare le proprie risorse di gestione della comunicazione interpersonale.

Educare all’affettività

Lo studio dello sviluppo delle emozioni e della comunicazione degli affetti nei bambini dimostra quanto sia fondamentale l’ambiente nella costruzione delle rappresentazioni simboliche attraverso le quali significare i propri stati emotivi. Molti autori concordano che la nascita di tale consapevolezza si snoda all’interno di un sistema intersoggettivo rappresentato dal bambino e dal suo caregiver. La ricerca nel campo dello sviluppo infantile, con i lavori di John Bowlby sull’attaccamento (1969, 1973) in primo piano, ha contribuito a mettere in luce come la tendenza a creare e a mantenere relazioni sia centrale nella disposizione umana, e ne organizza l’esperienza psicologica.

Analogamente, Stern (1985) afferma che il cervello umano è programmato a sintonizzarsi con la realtà intorno ad esso e parla di sintonizzazione affettiva come del nodo cruciale nelle fasi di sviluppo di ogni relazione di attaccamento. Con il concetto di “sintonizzazione affettiva” ci si riferisce a quella situazione in cui lo stato tra i  due membri della relazione è caratterizzato da una mutua ed empatica interconnessione.

Educare alla razionalità

La capacità di mutuo riconoscimento, o intersoggettività, si pone come aspetto fondamentale per instaurare relazioni interpersonali soddisfacenti: consente la coordinazione e l’azione in gruppo in modi assai flessibili. Ciò vuol dire anche trovare il giusto equilibrio tra l’esser responsivi all’altro ed entrare in contatto con i propri bisogni e suggerisce che il benessere relazionale consiste nella possibilità di trovare  una modalità di partecipazione alla vita relazionale autentica e rispettosa della  propria specifica sensibilità e complessità.

Il bisogno di leggere le intenzioni o i sentimenti degli altri è una forma di orientamento, permette di comprendere dove ci si trova in un certo momento, permette di definire, mantenere o ristabilire il proprio senso di identità e di coesione, per restare in contatto con se stessi.

Promuovere il benessere relazionale può, così, dare la possibilità di accedere a un senso di autenticità personale e alla capacità di portare questo senso di autenticità all’interno delle relazioni vissute.

L’adolescenza

L’adolescenza rappresenta una fase del ciclo di vita in cui si fa sempre più pressante il rapporto dinamico tra l’appartenere alle ed il separarsi dalle proprie radici familiari, un momento difficile in cui l’adolescente ricerca insieme dipendenza e autonomia. L’adolescenza, età della metamorfosi, è anche il momento dell’insicurezza e della paura, di per se stessa non patologica, ma fondamentale per la crescita.

Negli ultimi anni si è assistito all’emergere di nuovi disagi nell’adolescenza, che si esprimono attraverso reazioni regressive, aggressive e depressive.

Così come affermato da Andolfi (2010), l’adolescenza è il tempo dell’insicurezza e della paura, e l’adolescente può fuggire da questa attraverso tentativi di fuga che poi assumono la forma di comportamenti tossicofili, anoressia e bulimia, isolamento sociale, disturbi dell’identità, fobie e crisi di panico, aggressività. Si tratta di tentativi di fuga da realtà affettive interne e esterne considerate insostenibili: il disagio viene così “curato” attraverso alcol e droga, il controllo onnipotente del proprio corpo, l’affermazione violenta di sé o la chiusura in se stessi.

In questo scenario i progetti di Educazione Socio Affettiva possono favorire lo sviluppo di capacità di auto protezione dal disagio, laddove la promozione del benessere si esplica attraverso lo sviluppo e la valorizzazione di competenze che portano l’adolescente verso l’autonomia, la fiducia in se stesso, la capacità di instaurare e mantenere relazioni intime con gli altri. Si tratta di percorsi volti a ridurre i fattori  di rischio, e a promuovere quei fattori di protezione che sono alla base del benessere relazionale.

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