Sono giorni umidi questi di novembre, il freddo entra nelle ossa.
Vacilliamo, si starebbe bene se si potesse andare tutti in letargo per risvegliarci in primavera e sapere che è tutto finito.
Viviamo una profonda incertezza nel futuro, mai come oggi ci sentiamo impotenti di fronte al futuro. Siamo soli, siamo in silenzio in attesa di tornare a vedere il sole.
Qualcuno in smart working, qualcuno con la didattica a distanza, i corpi si sono allontanati e siamo sempre più distanti. Oggi parliamo con gli occhi, i volti sono protetti dalla mascherina e le mani costantemente disinfettate. L’unico gesto consueto è spalmarsi il gel.
L’abbiamo sempre saputo… si, che non siamo invincibili, che non siamo eroi, che non siamo onnipotenti, ma oggi è tutto più vero. Ho pensato a come sento le persone che incontro davanti a scuola, al supermercato, in studio, in cooperativa, in questo momento così difficile ed è stata un’amica a darmi le parole, utilizzando la poesia che esprime il sentire di molti:

“Si sta come d’autunno gli alberi le foglie”
Giuseppe Ungaretti
Le foglie erano i soldati ed era la fine della Prima Guerra Mondiale.
Quanta sofferenza ha visto l’uomo, alla quale non ci dobbiamo e non ci vogliamo abituare, oggi in modo diverso si sta come foglie: fragili, appesi e sospesi. Aspettiamo un raggio di sole, un po’ di rugiada o un colpo di vento.
I viali e i parchi nella mia città sono coperti di tappeti di foglie cadute… e di foglie ancora appese, con tonalità splendide dal marrone, al giallo, al rosso. Fanno rumore e scaldano il terreno…lo preparano.
Non dobbiamo cercare risposte univoche, la realtà e anche l’uomo è ambiguo per natura, in questo momento dobbiamo vedere le sfumature, quindi impariamo a non semplificare la realtà cercando i cattivi e i buoni, dividendo in categorie il mondo, affiniamo la comprensione.
Diventiamo empati di chi è più fragile, di chi è diverso da noi, impariamo a guardare e parlare e sentire con i nostri occhi, ascoltiamo con le nostre orecchie anche il rumore del silenzio nelle nostre case.
A volte vorrei che la mascherina fermasse le parole. Impariamo l’attesa, se una risposta non viene data all’istante non deve salire l’angoscia o l’inquietudine, semplicemente impariamo ad accettare e a proseguire la nostra strada con gli strumenti di cui disponiamo prestando attenzione a ciò che ci circonda e a come cambia costantemente.
Si è vero, chi riesce a tollerare l’ambiguità della realtà e l’incertezza non ha le idee chiare, non ha la verità in mano, indugia di più prima di agire, ma sopporta meglio il conflitto, la differenza e ha relazioni più profonde ve lo assicuro.
Chi ha dubbi, è curioso, è in potenziale crescita, chi non ne ha e non ne vuole avere resta fermo e fa paura.
“Il rimedio all’imprevedibilità della sorte, alla caotica incertezza del futuro è la facoltà di fare e mantenere promesse”
Hannah Arendt
Questo mi auspico per ognuno di noi oggi: di ricominciare a fare e a mantenere le promesse.